Un codice etico per gli avvocati matrimonialisti: ma magari!

E’ già da un pò di tempo che si assiste ad un fervido dibattito tra gli operatori del settore relativamente all’opportunità di introdurre un codice etico o deontologico specifico per gli avvocati che si occupano di diritto di famiglia.

L’esigenza nasce, soprattutto dalla particolarità e dalla delicatezza delle questioni che riguardano i diritti dei minori, condizione questa che impone all’avvocato di porre in essere una serie di comportamenti e di cautele volte tutelare, in primis,  l’equilibrio psico-fisico dei minori evitando, per quanto possibile, che questi siano sottoposti a traumi derivanti dalla conflittualità genitoriale.

Questo tipo di approccio imporrebbe all’avvocato l’acquisizione di una serie di conoscenze, non sono solo di natura giuridica, ma che coinvolgono anche i campi della psicologia, delle pedagogia e della mediazione familiare.

Questo non significa che l’avvocato matrimonialista si debba sostituirsi allo psicologo; ma  significa, invece, avere quelle competenze che lo portano ad individuare, in relazione al  caso specifico quali comportamenti sia meglio adottare e a suggerire ai propri clienti, quale sia la via più corretta da intraprendere. Quali siano i  percorsi più idoeni per superare gli aspetti più conflittuali della crisi familiare, SOPRATTUTTO, tutelando gli interessi dei minori. Credo che questo sia il valore  preminente, quello intorno al quale è costruita l’intera struttura del diritto di famiglia europeo.

L’avvocato che cerca, persegue ed alla fine ottiene un punto di “equilibrio”, è, a  mio avviso quello che riesce a salvaguardare i diritti delle parti raggiungendo quella che è, a mio avviso, la funzione più nobile dell’avvocato. Credo che  un avvocato matrimonialista abbia il dovere etico di ridurre al minimo il contenzioso tra le parti, consigliando, ove possibile, al proprio assistito di ricorre a strumenti alternativi al giudizio contenzioso quali la mediazione familiare o il diritto collaborativo (tale principio è in parte anche divenuto “obbligo giuridico” nell’ambito della Legge 162/2014 sulla c.d. “negoziazione assistita”).Commetterebbe un illecito deontologico anche l’avvocato che accetti incarichi ove il proprio assistito sia mosso da chiari propositi di ritorsione nei confronti della controparte o che agisca penalmente senza avere acquisito ragionevoli elementi sulla responsabilità della controparte.

Accade, infatti, in taluni casi, che l’avvocato poco esperto rischi di divenire uno strumento nelle mani del cliente (c.d. braccio armato) perdendo così il connotato essenziale affinchè il legale possa esercitare serenamente ed in modo proficuo il proprio patrocinio ovvero l’indipendenza.

Possa trattarsi di mala fede o di semplice incompetenza del legale le conseguenze derivanti dall’intraprendere azioni di natura penale nei confronti della controparte sono spesso irrimediabili e precludono, specie nei casi in cui si presenta querela per reati per cui non ammessa la remissione di querela (abusi sessuali, maltrattamenti in famiglia) la possibilità di una composizione bonaria della questione.

Esistono poi una serie di obblighi specifici in capo all’avvocato matrimonialista che si ricavano dalle norme codicistiche e che impongono agli avvocati, pur nel rispetto del loro ruolo di difensori delle parti, di non agire o non produrre atti finalizzati all’elusione di norme imperative o principi inderogabili. Ad esempio sarà passibile di sanzione disciplinare l’avvocato che assecondi le richieste del cliente di eludere le norme sull’affidamento condiviso dei minori o obbligazioni economiche in favore del coniuge più debole economicamente e/o dei figli (in tal caso le sanzioni sono anche di natura civile stabilendo espressamente l’articolo 155 bis del codice civile che se una domanda di affidamento esclusivo è palesemente infondata, il giudice può considerare il comportamento dell’istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli ferma restando l’eventuale applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile sulla responsabilità aggravata).

Alcuni comportamenti espongono l’avvocato a sanzioni non solo di tipo disciplinare ma anche di natura penale. In alcuni casi giunti all’attenzione dell’organo disciplinare forense il difensore aveva prodotto in giudizio corrispondenza riservata della controparte (sia essa postale, telematica o telefonica), illecitamente acquisita con ciò violando anche norme di natura penale.

Esiste infine il delicato tema del rapporto tra avvocato familiarista e consulente tecnico di parte e di ufficio. Tali questioni impongono la conoscenza non solo delle norme codicistiche in materia di CTU ma anche di tutte le prassi adottate nei vari tribunali per l’espletamento della consulenza di ufficio; prassi che sono spesso il frutto di protocolli di intesa tra il tribunale ed il consiglio dell’ordine degli avvocati.

L’esigenza di introdurre un codice deontologico per gli avvocati matrimonialisti deve essere particolarmente sentita in virtù proprio della delicatezza dei temi trattati. E’ però evidente che l’introduzione di un codice deontologico potrebbe avvenire solo per mezzo di una legge dello Stato. Attualmente esistono delle linee guida dettate da associazioni di settore; principi che hanno efficacia vincolante solo per gli iscritti a tali associazioni ma che, allo stesso tempo, possono essere particolarmente utili in quanto rappresentano delle prassi virtuose dalle quali prendere spunto.

Ritengo che, nella formazione di un “buon” avvocato matrimonialista gli elementi imprescindibili debbano sempre essere l’aggiornamento continuo, l’esperienza processuale e una particolare sensibilità in ordine alle problematiche che riguardano i soggetti deboli; sensibilità che non si impara sui libri o nelle accademie ma che è il frutto del nostro percorso di vita, degli insegnamenti e dell’educazione ricevuta nel corso di un vita intera.

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